24 marzo 2008

Il Rave Party di Segrate

Morto per overdose un giovane durante il Rave-Party di Segrate

Si chiamava Nunzio Lo Castro, 19 anni, il giovane vittima di un micidiale cocktail di droghe.


Fine anticipata della festa.
Stop al rave party di Segrate dopo la morte per overdose



Cari amici,
vorrei farvi partecipi dei miei pensieri di questi giorni, pensieri di ragazzo e di aspirante politico.L'altra sera è morto di overdose, dopo un'agonia di 12 ore, uno studente di 19 anni. E' successo lontano dagli occhi di tutti, in un'area degradata della nostra città, all'interno di un vecchio magazzino.
Se fare politica significa tentare di dare risposte alle ferite e alle incoerenze del proprio territorio, non possiamo esimerci da una profonda interlocuzione con quanto accaduto. Certe pratiche di vita e di consumo, certi costumi, per quanto perversi e poco comprensibili, chiedono di essere compresi umanamente e invocano una reazione da parte di una communitas che sia tale. Tanto più quando sono, e lo sono, fenomeni in crescita.

Vi prego quindi di ragionare tutti assieme su come intervenire, come partito o come opposizione di governo.

Pietro Cattorini



Caro Pietro,
Provo a risponderti, anche se non so se ne sarò capace.
Una volta accertato che nessuno dei miei figli o conoscenti erano coinvolti nell’accaduto, per me il discorso era già chiuso.

Il fatto che un ragazzo venisse da fuori a sballarsi a Segrate, assieme a tanti altri giovani, mi ha dato fastidio. Poi è arrivato il tuo e-mail che mi ha dato ancora più fastidio. Mi costringe a considerare il dramma con gli occhi e la sensibilità di un giovane, che si sente parte di una comunitas che vuole comprendere e che vuole coinvolgerti in un intervento sia umano sia politico. Provare a capire questo giovane ragazzo, morto per overdose in un rave-party, mi obbliga a cercare di ricordare chi ero io a 18 – 20 anni, dove e come vivevo, quali erano le mie aspirazioni e quali emozioni cercavo.

Sono nato a Milano nel settembre del 1945, subito dopo la fine della guerra mondiale. Nel 1964, avevo 19 anni. Lavoravo da quattro anni in Carlo Erba, in un laboratorio di ricerche farmaceutiche. Come tutti i ragazzi di laboratorio, indossavo un camice blue e studiavo chimica al Molinari serale. Così, una volta diplomato potevo arrivare ad avere un camice marrone. I laureati, invece, avevano il camice bianco. Nel tempo libero mi piaceva viaggiare in autostop, prima in Italia, poi in Europa. In casa non avevamo il televisore, perciò avevo molto tempo da dedicare alla lettura e leggevo molto. Anzi, per potermi procurare libri più impegnati, non disponibili nelle normali biblioteche, facevo da cavia nei test farmacologici della Carlo Erba.
Eravamo ragazzi fortunati. Nati nel luogo giusto, a Milano, abituati a lavorare e studiare contemporaneamente. Riuscivamo anche a divertirci nelle ore e i giorni di festa. Più eravamo impegnati, più ci sentivamo liberi perché nessuno poteva curarsi troppo di noi. A casa i genitori non potevano seguire i nostri orari e, sul lavoro, il sindacato ci trascurava. Non sapeva se considerarci operai, studenti/lavoratori o futuri diplomati. Sapeva che non saremmo mai appartenuti a loro e da subito ci abbandonò, trascurando le nostre specifiche necessità.
Arrivò infine il 68 con tante nuove letture, miti e idee prese a prestito di qua e di là del globo. In Italia il 1968 nasce nella seconda parte degli anni 70, quando in tutto il mondo la primavera di quell’anno magico era già finita. In Francia Maria Antonietta Macciocchi scriveva il libro “ Aprés Marx….. Avril”
Nel Marzo del 1978, in Italia, le brigate rosse rapivano Moro uccidendo la sua scorta e nel gennaio 1979 uccidevano il loro primo militante comunista, Guido Rossa, sprofondando in un delirio ideologico inarrestabile. Lo sballo di allora si chiamava “ La dittatura del Proletariato”
Il gioco consisteva nello sparare ai migliori talenti di un’Italia che, appiattita culturalmente e sindacalmente, già faceva fatica a produrli.
Ora, abbiamo trovato modi e ambienti più moderni di sballo. Finita la stagione della Politica e dell’Ecoterrorismo, abbiamo scoperto lo Sport, il calcio in particolare. Se un giovane tifoso muore accidentalmente, mentre è in atto un’aggressione ad altri tifosi avversi, lo si fa Santo subito. Non ci si chiede perché era lì, con dei sassi e cacciavite in tasca. Nei rave-party, lo sballo non porta ad aggredire altre persone, è un modo che può degenerare in forme autolesionistiche involontarie. Purtroppo, per la legge dei grandi numeri, c’è sempre una probabilità statistica che qualcosa vada storto. Come il gattonare, prima del camminare, è una fase di passaggio dell’infante, nei giovani, la trasgressività sembra essere un fabbisogno fisiologico. E’ come il prurito, quando lo senti ti gratti. Mi dispiace Pietro ma non riesco proprio a capire i motivi di questi eccessi di trasgressività. Ai miei tempi, la vita era troppo semplice e, lo ripeto, siamo stati una generazione fortunata. Abbiamo avuto la necessità di farci carico, da subito, delle nostre responsabilità, come il cammello della prima delle tre metamorfosi di Nietzsche in “Così parlò Zarathustra”. La morale del Dovere, tra i giovani, era molto più sviluppata della morale del Diritto, esplosa in modo abnorme dall’autunno caldo in poi. Ai giovani dell’ultima generazione è mancata la possibilità di farsi un’esperienza diretta. Solo sbagliando e riconoscendo i propri errori, si può imparare e, imparare a soffrire, non è masochismo, è lezione di vita. Il problema è che, a certi errori, com’è successo a quest’ultimo rave-party, non c’è rimedio.

Io, a Segrate, ho comunque avuto un’esperienza positiva.
Sono stato presidente della Gamma-Basket per tanti anni. Sono arrivato ad avere circa 220 ragazzi segratesi nelle diverse squadre. In particolare ho seguito attivamente i ragazzi dei gruppi 80-81-82-83-84 sino a quando hanno avuto 18 –20 anni. Come società e come presidente ho preteso molto da loro: allenamenti pesanti, sudore, disciplina, spirito di gruppo, sacrifici, ma non credo che tutto questo abbia fatto male ai miei ragazzi. Anzi, sono convinto che loro siano usciti più forti da questa esperienza e che sappiano meglio riconoscere cosa è sbagliato e dove fermarsi.
Pietro, mi chiedi come possiamo intervenire come forza politica?
Qualsiasi proposta non potrà eliminare completamente la casualità di certi eventi, può solo ridurli statisticamente. L’esperienza della Gamma-Basket è un esempio, come potrebbe esserlo qualsiasi altro sport, purché praticato in un ambiente sano. Naturalmente bisogna pensare di offrire altre possibilità ai giovani non interessati allo sport.
A volte leggo interventi di consiglieri comunali che vorrebbero alzare i costi delle palestre, raddoppiandoli o triplicandoli. E’ in quelle occasioni che mi rendo conto di quanto, siano inesperti e lontani dalle problematiche giovanili. Non si rendono conto dei danni che creerebbero ai bilanci delle società sportive, con il risultato di riversare più ragazzi di 14 –18 anni dalla palestra in strada.
Desidero darti un altro esempio positivo. Nei capannoni dimessi di Rogoredo, nell’ottobre 2006, si è tenuto un evento underground, un “simil-rave” di cui ti allego il collegamento del filmato.

http://it.youtube.com/watch?v=HgGU1-6U95U

In pratica, gli stessi giovani dei rave, con le medesime problematiche, negli stessi ambienti urbani degradati (ex capannoni industriali), hanno dato vita per alcuni giorni ad un’happening artistico e culturale di massa. Senza sovvenzioni comunali, senza propaganda, hanno vissuto una splendida esperienza collettiva, solo lievemente turbata da chi pensava che fosse il solito rave. Guarda il Video. Il buio, le luci, i suoni, le ombre in particolare, mi ricordano il mito della caverna di Platone, dove proprio le ombre erano confuse con la realtà. Vedendo il video di un ragazzo di 24 anni, sento forte dentro di me una metafora moderna, anzi antica. E’ in quella caverna, nelle catacombe di Rogoredo che nasce una “comunitas”, una coscienza collettiva, l’ embrione di un senso civico che, purtroppo la famiglia, la scuola e le istituzioni, oggi, non sono più capaci di formare.

Caro Pietro, non so se ti ho dato qualche risposta ma, credimi, ci ho provato.

Rodolfo Di Nardo