4 febbraio 2009

Proposta di MetaParco diffuso

di Santina Bosco
Premessa:
“Tutelare l'ambiente per salvaguardare la salute. Una necessità non più rinviabile come dimostrano i 'numeri: il 75% delle malattie e delle cause di morte è legato proprio al degrado ambientale e a stili di vita scorretti”:


così i medici italiani che riuniti a Padova la scorsa primavera hanno dato vita alla Carta per la tutela della Salute e dell'Ambiente.

Ovviamente i medici si preoccupano della nostra salute, (sviluppo sostenibile in grado tutelare la salute, curandò l'ambiente), ma anche i nostri amministratori nazionali e locali dovrebbero farlo, pensando prima di legiferare o di approvare provvedimenti di modifica alla situazione attuale. Nella nostra zona, così vicina a Milano, la qualità dell’ aria è nettamente peggiorata nell’ultimo decennio, come dimostrano i dati oggettivi delle rilevazioni e soggettivi delle nostre piccole malattie respiratorie.


A Segrate siamo 34 mila abitanti e la prospettiva è quella di diventare molti, ma molti di più, grazie a tutti i nuovi quartieri in progettazione e costruzione.
Tecnicamente si chiama livello di antropizzazione crescente e volgarmente significa che stiamo per diventare troppi.
E troppa gente sullo stesso territorio provoca irreparabili danni all’ambiente, a meno che non si faccia qualcosa per mitigarli.
Qui vogliamo proporre un modesto suggerimento, partendo dal presupposto che la spinta urbanistica partita da alcuni anni è inarrestabile, per svariati motivi che devono essere ben discussi in altra sede.


Il problema:
Segrate è in espansione urbanistica, però non sembra esserci un piano complessivo di mitigazione paesistica ed ambientale e soprattutto, mancando la città di un buon sistema di trasporti pubblici, tutti usano l’auto.
Il progetto comunicato dall’amministrazione prevede in pratica il completamento dell’urbanizzazione totale del territorio di Segrate, aggregandone le varie frazioni di progetto alle opere infra-strutturali previste da altri capitoli di spesa, come l’accordo programmatico e le decisioni prese a beneficio dell’ l’Expo. (Si tratta in effetti di un vero processo di “metropolizzazione” del territorio: per la dilatazione estrema degli insediamenti abitativi le aree urbane della prima cintura tendono a saldarsi con quelle metropolitane con la formazione di una potenziale megalopoli che consuma tutto il suolo disponibile. Ma quando la città sarà un unico gigantesco agglomerato urbano, dove andremo a prendere la superficie naturale produttiva che possa soddisfare i nostri consumi ed assorbire i nostri rifiuti?). Il problema centrale di questo progetto è che tratta i singoli pezzi di terra come fossero gli unici da edificare e perde di vista l’entità totale dell’intervento, ed è questo il pericolo: l’impatto ambientale di ogni singola edificazione non rappresenta un gran pericolo, ma la somma di tutti i nuovi quartieri residenziali costituisce una sfida alla natura del nostro territorio - che noi non vediamo perché guardiamo i singoli pezzetti. Questo progetto consuma troppa natura e la consuma male due volte: con esaurimento totale della risorsa suolo e con danno ambientale emergente.

Aumento dell’anidride carbonica, aumento del particolato fine ed aumento della temperatura: queste tre conseguenze della massiccia urbanizzazione sono alcuni esempi di danno emergente ambientale e di salute.
Un aumento sconsiderato della popolazione senza che sia impostato un piano globale di mitigazione delle conseguenze mette a rischio la generazione dei nostri figli : noi dovremmo fare qualcosa!

Di che cosa avremmo bisogno:
Da quanto scritto sopra, è evidente che avremmo bisogno di formare un quadro complessivo del danno ambientale emergente, prima di proporre la cura; ma in assenza di informazioni integrali sul progetto per la città ci sono comunque alcune opere di mitigazione che si possono consigliare. (È lo stesso concetto dell’immunità specifica e di quella aspecifica: se non abbiamo a disposizione gli anticorpi giusti possiamo servirci delle sostanze generiche che il nostro organismo produce per difendersi, il lisozima ad esempio).

Abbiamo infatti bisogno di:
· ridurre gli effetti perversi della massiccia e rapida trasformazione d’uso del suolo (progressiva sostituzione di terreni agricoli con terreni edificati)

· mitigare l’isola di calore creata dalla vicinanza alla metropoli milanese con miglioramento del micro-clima locale.

. trovare un'alternativa alla mancanza di un parco o di un bosco locali che contrastino l’effetto serra, contribuendo nel contempo al mantenimento delle biodiversità

· restituire ai cittadini segratesi una qualità dell’aria portatrice di buona salute.

La soluzione semplice è quella di ridurre il consumo di suolo, sostituendo l’edificazione eccessiva con lo strumento della naturalità, che sia in grado di ridurre la produzione di anidride carbonica e di particolato fine e di tamponare il rialzo termico che deriva dalla metropolizzazione.

Soluzione proposta:
La soluzione proposta si chiama MetaParco diffuso.
Con l’espressione metaparco si intende un parco che è diverso dal parco “normale” in quanto non si trova in unico spazio del territorio comunale, ma spezzettato qua e là (diffuso). Nella mappa dei parchi della Provincia di Milano, Segrate è uno dei territori che non beneficiano di alcun parco, come ad esempio quello dell’adiacente comune di Pioltello (Parco delle Cascine, riconosciuto e tutelato dalla Regione Lombardia).
Al contrario, a Segrate le aree agricole un tempo coltivate sono state abbandonate senza che ci sia stata alcuna compensazione biologicamente affine. La proposta di MetaParco implica che in ogni lotto di variante PII si debba ridurre la quota edificata per creare una zona da destinare a Parco Diffuso, in una misura percentuale sufficiente a salvaguar-dare la zona dal punto di vista biologico / ambientale.
In questo dovremmo essere aiutati dalle idonee istituzioni universitarie e da enti terzi come l’Arpa, per essere certi di fronte i nostri cittadini della bontà della valutazione di questa misura.
Dal momento che un metaparco avrebbe un impatto minore di un parco sulla riduzione della CO2 e del articolato, per incrementare la quota di verde arboreo, a fianco del recupero di quote di territorio da destinate a questo scopo nelle aree da urbanizzare o in quelle cosiddette dismesse, si potrebbero anche prendere in considerazione il progetto del Bosco della Mobilità, secondo la denominazione della Provincia): perciò potremmo affiancare ad ogni strada/autostrada in essere e costruenda un filare boschivo, con la piantumazione di alberi adatti nelle grandi opere stradali della viabilità speciale e riqualificata.
L’istituzione di una Consulta Cittadini-Istituzioni sul questo tema sarebbe un atto di civiltà, che verrebbe additato ad esempio virtuoso di come va portato avanti il governo della cosa pubblica; della Consulta dovrebbero far parte obbligatoria gli enti terzi istituiti per aiutare in materia ambientale i comuni e le province, in modo da semplificare il ricorso alla loro expertise in materia.
Questa Consulta rientrerebbe peraltro negli obiettivi di Agenda 21 locale.

In conclusione:
Eccola la soluzione che insieme ad una ragionevole riduzione delle cubature può mitigare l’impatto che avranno le conseguenze del raddoppio della popolazione: sono gli alberi!
Non aiuole fiorite o cespugli ornamentali, ma alberi di alto fusto, che siano in grado di fare in grande ciò per cui madre natura li ha inventati
- assorbire l’anidride carbonica in eccesso e restituirci in cambio ossigeno; ricordiamo che il meraviglioso processo produttivo capace di fare ciò si chiama fotosintesi clorofilliana. Anche il nuovo presidente degli Stati Uniti ha annunciato di voler tra i suoi primi atti combattere l’anidride carbonica
(è sempre lei, la nemica, anche se i giornalisti la chiamano, chissà perché, biossido di carbonio – con brutto calco dall’inglese)
- assorbire particolato fine
- tamponare l’effetto serra generato dal costante incremento di CO2 e quindi almeno in parte mitigare l’isola di calore. (per mitigarla veramente dovremmo costruire di meno). Per far spazio agli alberi dobbiamo rinunciare ad alcuni insediamenti abitativi, ma ne vale la pena: ne trarrà beneficio non solo la nostra salute , ma anche la qualità della nostra vita (volete mettere vedere dalla nostra finestra un albero piuttosto che una casa?) ed il valore della nostra abitazione (idem come sopra; quando l’estetica ambientale si sposa al business).

Santina Bosco

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