di Arnolfo Merlini
Ormai il decreto 137/08, meglio conosciuto come legge sul maestro unico e delle 24 ore settimanali, con l’approvazione nei due rami del parlamento, è legge.
Questo decreto discende direttamente dalla legge 133 (finanziaria) con la quale il ministro Tremonti recuperava nella scuola pubblica circa 8.000 miliardi.
Quindi la legge Gelmini è un dispositivo legislativo che, per pura necessità economica, annulla soprattutto nella scuola primaria di primo grado (scuola elementare) universalmente riconosciuta come scuola d’eccellenza, un iter scolastico che l’aveva vista tra le migliori del mondo.
Non saremo noi a sostenere che nel pianeta scuola tutto era perfetto.
Anche nella stessa scuola primaria forse si rendevano necessari alcuni aggiustamenti su un migliore sfruttamento delle risorse umane e questo vale sicuramente anche per scuola secondaria di primo grado (scuola media inferiore).
E’ sotto gli occhi la situazione nella scuola secondaria di secondo grado, in attesa da anni di una riforma, dove il proliferare di sperimentazioni (812 per esattezza), crea non poche difficoltà didattiche e gestionali.
Anche nell’istruzione universitaria con i suoi baroni e baronie e il numero elevato e ingiustificato di corsi di laurea, dimostra la necessità di un radicale intervento.
Ma questa legge che, in modo indiscriminato modifica soprattutto nella scuola primaria, strutture educative ormai consolidate non è una buona legge.
E’ il classico caso in cui si getta via il bambino insieme all’acqua sporca.
Su questa legge siamo contrari nel metodo e nel merito.
NEL METODO: perché non si possono imporre al sistema scolastico profonde modifiche senza prima aver coinvolto famiglie, docenti e dirigenti scolastici, pedagogisti e altri specialisti del settore.
NEL MERITO: perchè alcuni articoli della legge ((particolarmente quelli che nella primaria, reintroducono il maestro unico, e riducono l’insegnamento alle sole ore antimeridiane) hanno significato riportare l’orologio delle scienze pedagogiche indietro agli anni 60. del secolo scorso, cioè quando l’apprendimento era finalizzato al classico " leggere scrivere e fare di conto " .
Questa legge sembra ignorare che i saperi si sono modificati e diversificati. Le innovazioni tecnologiche, la multimedialità, la società ormai multi-etnica, ecc, ci consegnano un mondo diverso da quegli anni
E’ corretto ricordare che a questa scuola c’eravamo arrivati dopo anni di dibattito.
Infatti, fin dagli anni 60 in poi, appunto intorno alla scuola si era verificato un movimento che coinvolgendo pedagogisti, docenti, uomini di cultura di diversa estrazione ideologica; da quella cattolica a quella laico-socialista, dava inizio nella scuola pubblica italiana a sperimentazioni didattiche e pedagogiche, tese a ridurre il condizionamento socio-economico all’apprendimento per dare a tutti, anche agli “ultimi”, pari opportunità
Da qui la legge del settembre del 1971 che introduce nella scuola primaria il tempo pieno con la presenza di due insegnanti per classe.
La pluralità docente ha permesso agli insegnanti di approfondire le conoscenze disciplinari, permettendo quindi di orientarsi verso nuovi saperi come: l’arte, i linguaggi non verbali, ecc.
Successivamente, dopo oltre un decennio di sperimentazione, con la legge 140 del 1990, s’introducevano i moduli e si confermava il tempo pieno.
Con quella legge la scuola, oltre che offrire un ventaglio più amplio di saperi; soprattutto, con l’introduzione dei laboratori fatti prevalentemente nel pomeriggio, si dava agli scolari la possibiltà di acquisire conoscenze e competenze diverse quali: il teatro, la musica, arti plastiche ecc cose impossibili con una scuola di sole 24 ..
In termini pratici in una scuola di sole 24 ore cosa non sarà più possibile?
NON SARA’ PIU’ POSSIBILE :
- Fare una didattica di ricupero e di arricchimento dell’offerta formativa, soprattutto per gli
alunni in difficoltà
- Fare lavori di gruppo
- Non ci saranno più uscite didattiche nel territorio, le visite ai musei, le manifestazioni sportive (un maestro unico non potrà portare fuori la propria classe , soprattutto se questa sarà portata a 30 alunni).
- Non sarà più possibile l’attuazione di progetti formativi dedicati alle varie educazioni (ambiente, stradale, alimentazione, salute e affettività)
E’ nostra convinzione che questa legge oltre che colpire la scuola sul piano didattico colpisca la famiglia, in forma ben tangibile, sul piano economico
La ricaduta negativa di questa legge si avrà a Settembre prossimo quando numerose famiglie italiane si vedranno recapitare i figli a casa alle ore 12,30 d’ogni giorno.
Saranno in difficoltà non soltanto di famiglie a reddito basso o medio basso ma anche quelle famiglie il cui reddito, anche se mediamente alto, è il risultato prodotto dal lavoro di entrambi i genitori.
A settembre come gestiranno i figli nelle ore pomeridiane di non-scuola?
Forse saranno costretti ad affidarli, a pagamento, a quelle fantomatiche cooperative che indubbiamente nel frattempo saranno nate, strutture sorte forse con tanta buona volontà ma indubbiamente con limitate capacità professionali (nessun collegamento con l’esperienza didattica del mattino).
Abbiamo visto in questi due mesi, intorno alla scuola pubblica, svilupparsi un imponente movimento di difesa della stessa che ha coinvolto: genitori, docenti, dirigenti scolastici e semplici cittadini.
Ora occorre che questo movimento non si fermi, non s’inaridisca, ma escogiti forme di lotta, d’autodifesa che neutralizzi i danni sociali e didattici che questa legge provocherà dal settembre del 2009
E’ NECESSARIO
che le famiglie siano informate dei loro diritti, previsti dall’articolo quattro della legge stessa, che permette loro di chiedere:
- DUE DOCENTI PER CLASSE,
- 40 ORE SETTIMANALI COMPRESA LA MENSA
Questo diritto va difeso con perseveranza e determinazione.
E’ necessario che in difesa di questo diritto facciano fronte comune “ in primis “I CONSIGLI D’ ISTITUTO" con tutte le loro componenti e cioè: genitori. Docenti, dirigenti scolastici e personale ausiliario.
E’necessario che “I CONSIGLI D’ISTITUTO" si facciano parte attiva e diligente nell’informare i genitori nel loro diritto e cioè chiedere il mantenimento delle attività didattiche già esistenti nell’istituto stesso.
E’ NECESSARIO
che genitori e consigli d’istituto facciano pressione sulle proprie amministrazioni comunali perché trovino le risorse necessarie che permettano alla scuola
Italiana di proseguire in quel cammino d’integrazione per che non si abbandoni un’esperienza tanto ricca di didattica ma soprattutto d’emancipazione sociale. .
Arnolfo Merlini
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